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Eroi d'América: José Nasazzi

Eroi d'América: José Nasazzi

© foto di Nicolo' Zangirolami/Image Sport
 di Oreste Giannetta   vedi letture

Difficile trovare un giocatore più vincente di José Nasazzi, a livello di nazionali. Il leggendario capitano dell’Uruguay più forte di sempre, campione continentale a più riprese, due volte oro olimpico e infine primo giocatore ad alzare al cielo la Coppa Rimet.
La sua carriera nei club si svolge invece più sotto traccia. Nasce a Montevideo da padre italiano e madre basca e nella capitale giocherà per tutta la sua carriera ventennale. Dopo gli inizi nel piccolo Club Atlético Lito e un breve passaggio al Rolando Moor, nel 1922 ottiene un ingaggio dal neonato Bella Vista. Con Los Papales, chiamati così per la casacca che richiama la bandiera del Vaticano, si fa notare per le sue doti di comando e l’anno dopo è già in nazionale, convocato per la settima edizione della Copa América che l’Uruguay ospita e stravince, grazie ai gol di Pedro Petrone. Nasazzi non segna, non è il suo compito. Lui si occupa di non far passare gli attaccanti avversari grazie al suo fisico imponente e di guidare la manovra della squadra dalla retroguardia grazie ad un carisma innato, che gli regala il soprannome di Gran Mariscal, Gran Maresciallo.
Il 1924 è l’anno di un clamoroso doblete. La Celeste partecipa in primavera alle Olimpiadi di Parigi, esordendo con un 7-0 eloquente alla Jugoslavia. Seguono il 3-0 agli Stati Uniti e il 5-1 ai padroni di casa francesi che vale la semifinale. La gara per l’accesso alla finale è la più dura, contro un’ostica Olanda che si porta in vantaggio nel primo tempo, prima che Cea pareggi nella ripresa e Scarone firmi la vittoria su rigore a dieci minuti dal termine. La gara per l’oro contro la Svizzera è invece una formalità e si conclude con un netto 3-0. In autunno, poi, è in programma una nuova edizione della Copa América, ancora in Uruguay, e nuovamente vinta, nonostante l’Argentina stavolta riesca ad imporre lo 0-0.
Col Bella Vista mancano le soddisfazioni, perché il campionato uruguayano è cannibalizzato dalle grandi del Paese, Nacional e Peñarol, e allora a Nasazzi non resta che continuare a vincere in maglia Celeste. Nel 1926 arriva il tris continentale, nuovamente a punteggio pieno davanti alla grande rivale Argentina, mentre due anni dopo si torna alle Olimpiadi, in programma stavolta ad Amsterdam. Ancora una volta la difesa comandata da Nasazzi lascia le briciole alle avversarie dei primi turni, Olanda e Germania, ma è nuovamente messa a dura prova dall’avversaria della semifinale. Stavolta è l’Italia, che segna subito con Baloncieri, prima di subire la scatenata rimonta uruguagia, ma riesce comunque a tornare in partita con Levratto per poi provare senza successo a ristabilire la parità fino al novantesimo. Ancora più dura la battaglia in finale, contro gli odiati vicini dell’altra sponda del Rio de la Plata. L’Argentina costringe i campioni in carica alla ripetizione, e sembra nuovamente riuscire a strappare il pareggio quando il futuro juventino e oriundo Luisito Monti pareggia il vantaggio di Figueroa. La rete di Scarone nella ripresa sancisce però la nuova affermazione della Celeste e Nasazzi può guidare i suoi per l’ennesima volta sul palco delle premiazioni.
Questa edizione delle Olimpiadi è considerata come un antipasto del primo mondiale in programma due anni dopo proprio a Montevideo. L’Uruguay ci arriva dopo aver lasciato per strada la Copa América del 1929, l’unica competizione internazionale alla quale Nasazzi partecipa senza vincere. Evidentemente la concentrazione è tutta per l’appuntamento con la storia in programma pochi mesi dopo, appuntamento che l’Uruguay non manca. Al primo turno il Perù e la Romania oppongono poca resistenza, e ancora meno la Jugoslavia in semifinale, regolata con un punteggio tennistico di 6-1, lo stesso col quale l’Argentina spedisce a casa i sorprendenti Stati Uniti. A decidere quale squadra sarà la prima campione del mondo sarà dunque il Derby de la Plata, all’ennesima rappresentazione. Il risultato è storia, con gli argentini che chiudono in vantaggio il primo tempo, per poi venire ribaltati nella ripresa per il 4-2 finale. Nasazzi, da capitano, è il primo a ricevere la Coppa Rimet e ad alzarla al cielo nel tripudio dello Stadio Centenario, aggiungendoci anche il meritatissimo premio come miglior giocatore del torneo.
Toccato il cielo con un dito, resta ormai poca fame di vittorie da soddisfare. Nel 1933 cede finalmente alle avances del Nacional, col quale conquista subito due campionati consecutivi, gli unici della carriera, mentre nel 1935, dopo non aver potuto difendere il titolo mondiale in Italia per la rinuncia della federazione uruguayana, arriva l’ultimo alloro internazionale. È la quarta Copa América, vinta in Perù ancora una volta a punteggio pieno, e ancora una volta sopravanzando l’Argentina. L’anno dopo darà l’addio alla nazionale, che guiderà senza successo da tecnico tra il 1942 e il 1945, mentre nel 1938 arriva il momento di appendere le scarpette al chiodo.
José Nasazzi esce dalla cronaca per entrare nella storia, o meglio ancora nella leggenda. Il Bella Vista dedicherà il suo stadio, il Parque Olivos, al miglior giocatore che abbia mai vestito la sua casacca, al più grande capitano di sempre. Un appellativo che Napoleone usò per Alessandro Magno. Un appellativo che nella storia del calcio si adatta a pochi, oltre al Gran Mariscal José Nasazzi.


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