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Maicon straripante, il Brasile vince e non convince. Venezuela-Paraguay da batticuore!

Maicon straripante, il Brasile vince e non convince. Venezuela-Paraguay da batticuore!

© foto di Andrea Colacione
 di Andrea Colacione   vedi letture

Non si può sempre salire sul carro del vincitore e personalmente mi dissocio da questo Brasile finalmente vincente nel risultato ma perdente nella sostanza. Con il cambio della guida tecnica si era parlato di calcio spettacolo e di ritorno alle radici ma la realtà è ben diversa. Questo Brasile che comunque sia è ancora in fase di costruzione regala solo rarissime schegge di calcio spettacolo perché possiede solisti raffinati e non certamente perché ha idee chiare ed un progetto ben delineato. E’ una squadra scollata e senza una precisa identità di gioco: mancano equilibrio ed un cervello pensante in mezzo al campo ed a mio avviso manca pure un centravanti puro come Fred. Mi rendo perfettamente conto che oltre ad essere impopolare potrei persino sembrare “pazzo” a sostenere questa tesi proprio oggi, dopo che Pato e Neymar hanno realizzato entrambi una doppietta. Il valore assoluto di questi due interpreti non è assolutamente in discussione sia ben inteso; solo che a mio avviso, specie contro difese blindate occorre qualcuno in grado di forzare la cassaforte. Alexandre Pato al limite può fare anche la prima punta come ha dimostrato lo splendido goal dell’uno a zero ma a mio avviso resta soprattutto una splendida seconda punta da 4-4-2 e non solo. Neymar ha un talento unico e quasi irripetibile ma il “moleque” continua ad alternare magie a capricci e luci ad ombre.  L’ho visto spesso, anche con il Santos, commettere ingenuità allucinanti per poi ripresentarsi nella gara successiva con la faccia tosta della sua folle adolescenza e regalare eccelsi e produttivi lampi di una sconfinata classe. Una classe che ha condotto il Santos dei “meninos” sul tetto dell’America Latina dove può guardare orgogliosamente tutti dall’alto verso il basso. Neymar ha ancora i denti di latte anche se diventerà un grandissimo a tutti gli effetti ma oggi ha ancora bisogno del bastone e della carota.

Personalmente farei giocare la Seleçào con il 4-3-1-2/4-3-2-1 con Fred centravanti, Pato seconda punta e Lucas Moura, altro fenomeno precoce, trequartista; con Neymar pronto ad entrare a partita in corso in un eventuale staffetta con il milanista per stordire le difese avversarie con i suoi deliziosi numeri da foca. Ieri tuttavia gli va riconosciuto di essere stato finalmente concreto. Il bimbo sapeva fin troppo bene che nella gara precedente aveva combinato una marachella troppo grossa ed ha posto subito riparo perché i mezzi per far la differenza li possiede tutti. Ma i meriti principali della vittoria della scorsa notte vanno attribuiti per distacco a Maicon che ha fatto ciò che ha voluto dall’inizio alla fine, stordendo l’intera difesa ecuadoregna con il suo strapotere fisico e con la sua classe. L’interista è entrato in campo come una furia, intenzionato a riprendersi definitivamente il posto in squadra dopo che Mano aveva inizialmente scelto Daniel Alves che ha però sprecato il jolly. E c’è riuscito, risultando per distacco il miglior uomo in campo del match. Sull’out destro ha ridicolizzato il povero Walter Ayovì, giocatore esperto ma che non è riuscito a frenarlo neanche per un solo istante. E qui vengono fuori tutte le lacune mostrate dal cittì colombiano Reinaldo Rueda che come vi ho anticipato ieri la Federazione locale ha già silurato. Premesso che questo Maicon probabilmente non lo avrebbe potuto fermare nessuno, tuttavia mi chiedo perché Rueda non ci abbia quantomeno provato. Mai nessuno su quella fascia pronto a raddoppiarlo, mai nessuno che abbia dato una mano al povero Ayovì.

Il Brasile ha vinto perché l’Ecuador si è dimostrato ben poca cosa e perché ha grossi problemi di deconcentrazione. La Seleçào è molto, troppo lenta quando inizia l’azione perché Lucas Leiva non ha né i piedi e né i ritmi per fare il regista. Dopo una mezzoretta in cui non ha prodotto nulla, la squadra di Mano è andata in vantaggio grazie ad un cross di André Santos che ha pescato in area Pato; il milanista che arrivava da dietro è stato abilissimo a rubare il tempo all’incerto centrale Erazo e a mettere dentro con uno splendido stacco di testa. A questo punto il Brasile sarebbe passato come secondo del suo gruppo ma per evitare il Cile serviva un altro goal. Goal che ha sfiorato al 37’ con Robinho che ha colpito il palo dopo uno splendido cross di Maicon. Ma come era accaduto contro il Paraguay puntualmente il Brasile ha combinato il patatrac, servendo su un piatto d’argento il pareggio all’Ecuador. Tiro di Caicedo e papera clamorosa di Jùlio César che non trattiene. Se il “goleiro” interista non avesse avuto i capelli in testa lo avrei potuto tranquillamente scambiare per Waldir Peres. Cosa è successo a Julio César che dopo aver superato addirittura Buffon, quest’anno ne ha combinate di cotte e di crude? Non so spiegarvelo ma è evidente che sta avendo un involuzione a dir poco imbarazzante mentre nel frattempo è rimasto ingiustamente a casa l’eccellente Fabio del Cruzeiro, un portiere ormai maturo da tempo per qualsiasi tipo di squadra o di rassegna. Caicedo il cui cartellino è del Manchester City ma che è ormai passato dal Levante alla Lokomotiv ha provato ancora a colpire sul finale di primo tempo ma Lùcio lo ha fermato facendo la voce grossa. Il primo tempo si è poi chiuso con una bella parata di Julio Cesar su una botta da lontano di Arroyo, centrocampista dotato di gran temperamento.

Il primo tempo della formazione brasiliana è stato a dir poco imbarazzante; manovra sterile ed assai poca convinzione, con Paulo Henrique Ganso peggior uomo in campo per distacco. Dopo tanta attesa, finalmente il Brasile torna a fare il Brasile, riportandosi in vantaggio già al 49’ con un’azione old style, architettata dai due “meninos” del Santos in perfetto stile santista. Scambio Neymar-Ganso-Neymar con quest’ultimo che memore della sciocchezza compiuta contro il Paraguay fulmina Elizaga con freddezza e decisione. Quando i due si accendono non c’è scampo per nessuno ma Ganso dentro questa squadra è un po’ dottor Jeckyll ed un po’ mister Hyde. Appare e scompare e soprattutto gioca sempre, seppur deliziosamente, solo e comunque danzando sulle punte. La scorsa notte ha toccato pochissimi palloni ed è spesso stato assente ma quei pochi che ha toccato li ha tramutati in oro. L’oca gioca solo da fermo e quindi è bene precisare che il campionato italiano probabilmente non sarebbe il suo habitat naturale: personalmente in Europa lo vedrei bene solo nella Liga spagnola o nella Liga Sagres portoghese. Quando tocca il pallone è uno spettacolo per gli occhi ma uno con la sua classe dovrebbe essere molto meno svogliato e molto più sveglio e partecipativo perché ha una classe che gli permetterebbe di pensare calcio in modo superiore. Può e deve farlo: per uno come lui è un obbligo se vuole entrare nell’olimpo dei fuoriclasse a tutti gli effetti e non rimanere un incompiuto.

A questo punto il match sembrava ancora una volta in discesa per il Brasile ed invece ecco che viene servito un altro regalo all’Ecuador che ne approfitta sempre con il solito straripante Caicedo che fulmina di nuovo un incerto Julio Cesar. Per la “Tri” quelli di Felipe Caicedo sono stati i primi ed ultimi due goal in questa Coppa America, dopo che questa nazionale aveva realizzato l’ultima rete al Brasile in questo torneo nel lontano 1991 con Carlos Munoz. Ma nel festival degli errori ecco che viene ricambiato il favore. E’ appena il 62’ quando Elizaga respinge goffamente un innocuo tiro di Neymar sui piedi di Pato che non si fa pregare  e mette dentro. Ora siamo 3-2 e ricomincia tutto di nuovo ma ormai è lampante che non c’è più match; con lo scorrere dei minuti aumenta la stanchezza, diminuisce la fiducia e le maglie ecuadoregne si allargano sempre di più. E’ il 72’ quando Maicon serve l’ennesimo fantastico assist della sua partita al ragazzino Neymar che brucia “nonno” Elizaga e mette dentro. Siamo 4-2 ed ormai c’è solo spazio per una raffica di sostituzioni: Fred entra soltanto all’85’ al posto del papero milanista e trova comunque il modo di sfiorare il 5-2 con un movimento da attaccante di razza, mentre ad un impalpabile Robinho viene annullata una rete regolare. Fischio finale: l’Ecuador prepara le “maletas” (le valigie)  prima di prendere l’aereo che dopo aver effettuato uno scalo a Santiago riporterà la comitiva in patria, mentre il Brasile che ha vinto ma non ha convinto se la vedrà nei quarti contro il rognoso Paraguay che ha già affrontato nel girone, pareggiando per il rotto della cuffia.

Ci sarà da rivedere alcune cose. A mio avviso soprattutto una e cioè che questa squadra prende sempre goal quando dovrebbe essere in totale controllo della partita e ciò dipende soprattutto dal fatto che manca l’equilibrio tra i reparti. Il cittì verdeoro ha già messo le mani avanti, affermando che contro il Paraguay sarà dura ma deve ricordarsi che allena la Seleçào e che è il tecnico più pagato del Sudamerica. Quindi ha un solo compito: quello di riportare la sua squadra in alto sia per quel che concerne il gioco e sia per quel che concerne i risultati. Il Paraguay è squadra che sa essere molto ostica ma è tutt’altro che imbattibile come ha dimostrato la gara contro i venezuelani che ha aperto le danze la notte scorsa. Una gara scoppiettante, ricca di reti e di colpi di scena. Il “quadro Guaranì” che era in vantaggio per 3-1 ha subito dapprima il 3-2 di Fedor al 90’ e poi il clamoroso 3-3 al 93’ in un’ azione che vale la pena di raccontare. Calcio d’angolo, con il portiere venezuelano Danny Vega che colpisce di testa in area di rigore  e con il difensore Perozo che corregge in goal la traiettoria, sempre di testa. In questa pazza Coppa America accade anche questo in un fenomenale finale thrilling, vietato ai deboli di cuore. La “Vinotinta” così si qualifica meravigliosamente come seconda del girone, rimanendo meritatamente imbattuta. E’ una squadra di grande carattere, che non molla mai e che gioca pure un buon calcio. Il tecnico Fariàs ha fatto un lavoro davvero splendido ma deve correggere urgentemente una lacuna della propria difesa che prende troppi goal su palle ferme in quanto saltano le marcature. Ora contro il Cile nei quarti sarà davvero dura andare avanti ma per il momento va più che bene così. Il Venezuela con Fariàs in panchina può solo migliorare e soprattutto d’ora in poi tutti rispetteranno Cenerentola che ormai non è più Cenerentola.


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